Clima ed energia
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Crisi climatica
Nuovi approcci mirano a catturare e a sequestrare le emissioni di CO₂ dall’atmosfera. La crisi climatica è quindi risolta? Non proprio. Presentiamo quattro metodi molto promettenti, indicandone potenziale e limiti.
L’orientamento è chiaro: dobbiamo tutti ridurre in modo massiccio le nostre emissioni di gas a effetto serra, con lo scopo un giorno di raggiungere in Svizzera, ossia entro il 2050, un saldo netto delle emissioni di gas serra pari a zero, come sottoscritto nell’Accordo di Parigi sul clima. Tuttavia, in determinati settori come quello dell’agricoltura, dell’industria o del riciclaggio di rifiuti, non sarà più possibile emettere gas a effetto serra. Si cerca pertanto adesso di catturare e sequestrare dall’atmosfera le emissioni di CO₂, utilizzando diversi metodi. Nel linguaggio tecnico si parla di tecnologie a emissioni negative.
Una cosa è certa: ridurre le emissioni è sempre più vantaggioso e semplice rispetto al fatto di dover rimuovere successivamente il gas serra. La strategia di lunga durata dell’Ufficio federale dell’ambiente prevede di dover compensare ogni anno circa 12 milioni di tonnellate di CO₂.
Attraverso la fotosintesi gli alberi incorporano carbonio nelle foglie, nei rami e nei tronchi. Il bosco è quindi un pozzo naturale di CO₂ capace di trattenere da solo ogni anno 2,5 milioni di tonnellate di CO₂ a livello della Svizzera. Affinché possa assolvere questa funzione anche con il cambiamento climatico, deve essere adeguato al sito e coltivato con gli alberi adatti.
Molto potenziale risiede anche nell’edilizia: il legno è in grado di immagazzinare CO₂ addirittura quando è messo in opera. Inoltre, le costruzioni in legno producono meno emissioni di quelle in acciaio e cemento. Il potenziale di sequestro annuale di carbonio è tra uno e due milioni di tonnellate di CO₂.
Vantaggi
I costi della selvicoltura sono bassi.
Le vie di trasporto della legna locale per le costruzioni sono brevi.
Svantaggi
La superficie è limitata. Il 32% della superficie svizzera è costituito da boschi.
Con l’aumentare del calore e della siccità aumenta anche il rischio di incendi boschivi, attraverso i quali le associate emissioni di CO₂ raggiungono l’atmosfera.
Anche il suolo è un pozzo naturale di CO₂. Lo strato più superficiale presenta contenuto organico decomposto chiamato humus. Il carbonio contenuto in questo strato di suolo aumenta la qualità e la fertilità del suolo. Al fine di liberare una quantità minima di CO₂ dal suolo è utile un processo minimo delicato come quello che avviene solitamente nell’agricoltura rigenerativa. Ciò presuppone anche che i terreni coltivabili possano riposare periodicamente e che questi campi incolti vengano rinverditi, idealmente con trifoglio, perché una superficie scoperta disperde più CO₂.
Una quantità superiore di CO₂ potrebbe essere catturata nei suoli con il carbone vegetale che è composto da biomassa, la quale, con il caldo elevato e in assenza di ossigeno, viene bruciata ed è molto stabile. Capacità di sequestro: 2,7 milioni di tonnellate con l’agricoltura rigenerativa e 2,2 milioni di tonnellate con l’ulteriore introduzione di carbonio vegetale.
Vantaggi
I costi sono piuttosto bassi.
L’humus aumenta la capacità di immagazzinamento di acqua e di nutrienti dei suoli.
L’agricoltura rigenerativa garantisce suoli più resistenti e rese più stabili.
Svantaggi
L’immagazzinamento non è in sé definitivo: in caso di cambiamento della gestione, per esempio in seguito al cambio di affittuario, il CO₂ può disperdersi molto facilmente.
Prima di utilizzare il carbonio vegetale su grandi superfici bisogna esaminare gli effetti sull’ambiente.
Dopo un paio di decenni il terreno risulta saturo.
Residui vegetali, legno e letame contengono carbonio. Bruciando questa biomassa in una centrale elettrica o in un sistema di riscaldamento a legna il carbonio viene nuovamente liberato sotto forma di CO₂. Esso viene poi filtrato direttamente nel camino di scarico prima di raggiungere l’atmosfera, poi liquefatto e infine immagazzinato nel suolo: si parla di Bioenergy with Carbon Capture and Storage (BECCS).
Non esistono attualmente in Svizzera impianti BECCS e nessuna prospettiva di zone adeguate per lo stoccaggio. La Norvegia ha invece messo in servizio un pozzo sotto il Mare del Nord. Il CO₂ dovrebbe essere quindi trasportato con camion, treno e nave. Si discute inoltre della costruzione di condutture.
Vantaggi
Questo metodo consente teoricamente di immagazzinare una grande quantità di CO₂, circa 5,1 milioni di tonnellate all’anno.
Maggiore è la profondità alla quale il CO₂ viene stoccato nel suolo, più sicura e duratura è la conservazione.
Svantaggi
I siti di stoccaggio devono essere estremamente stabili e antisismici. È inoltre necessaria una pietra porosa come il basalto che lega la CO₂.
Trasporto e immagazzinamento sono legati a notevoli costi e pericoli per l’ambiente.
Immaginiamo un apparecchio simile a un gigantesco aspirapolvere che aspira e filtra l’aria ambiente. Questa tecnologia si chiama Direct Air Carbon Capture and Storage. In Islanda si trova il più grande impianto commerciale, tra l’altro di proprietà di un’azienda svizzera di nome Climeworks. Questo impianto è in grado di filtrare dall’aria fino a 4000 tonnellate di CO₂ all’anno, pari alle emissioni prodotte da 286 persone in Svizzera.
Vantaggio
Mobilità: questi impianti di filtrazione potrebbero teoricamente essere posizionati dovunque.
Svantaggi
La tecnologia ha bisogno di parecchia energia e i costi sono molto alti.
Anche qui si pone la questione di un’adeguata e sufficiente capacità di stoccaggio.
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